Il 13 gennaio del 1915, alle ore 7,45, una serie impressionante di violente scosse telluriche si abbatté improvvisamente sulla Marsica, sull’Aquilano e sulla Valle del Liri. Gravissimi i danni materiali e numerosissime (quasi 30.000) le vittime. Interi paesi come Sora ed Avezzano vennero rasi al suolo.
“Tutto stritolavasi e cadeva travolgendo torri e chiese in un vortice infernale, case e palazzi cadevano: sembrava vosse sprofondare la terra”. Così un attento cronista sorano ricostruiva drammaticamente quel triste e rigido mattino invernale.
L’inclemenza del tempo poi, con pioggia battente e neve, concorse ad aggravare sensibilmente il desolante quadro di distruzione e di morte, impedendo o rallentando, le prime frenetiche attività di soccorso.
Tale sciagura che raggiunse toni davvero apocalittici, restò ben impressa nella mente dei nostri antenati che, ancora oggi, a distanza di 80 anni, i più vecchi ricordano pefettamente episodi connessi a quell’infausto giorno.
In tal senso notevole è una ballata popolare, nata fra le genti delle città sconvolte dal sisma, che abbiamo potuto ricostruire attraverso le parole, non sempre facilmente comprensibili, di due arzille vecchiette di Caprile, più che ottantenni ed oggi purtroppo scomparse, Rezza Ersilia e Viola Rosaria, che ricordavano lucidamente quei tristi momenti.